E, si, la querelle è evidente. Resta il fatto che E. flaviae (o E. cisalpinus) –a me non interessano le diatribe personali tra tassonomi per la preminenza della
nomenclatura—è comunque qualche cosa di assai differente dai lucci continentali. Nell’articolo della Lucentini e Panara comparso sulla prestigiosa Plos One (Milo, visto che sei puntiglioso, lo stesso data 2 dicembre 2011. Lo hai detto tu che bisogna essere precisi, no?) viene comunque riconosciuta un’identità
specifica a E. flaviae. Che poi siano necessari approfondimenti e riscontri da parte della Comunità Scientifica Internazionale, mi pare ovvio e auspicabile. D’altra parte l’ho sostenuto più volte anche io, pure in questo Topic. Non vorrei però che si generasse un problema “luccio” commerciale, esattamente come è avvenuto per le trote
italiane, definite prima di “ceppo mediterraneo”, poi S. cettii, infine, secondo le più recenti note del GdL Salmonidi dell’A.I.I.A.D., S. ghigii, ovvero trota appenninica, adriatica o tirrenica. Però qualche cosa di asai differente da S. trutta L., di ceppo atlantico, sia fenotipicamente che genotipicamente. Insomma, non vorrei che si arrivasse a fare di tutte le erbe un fascio, palesando una difficoltà di riconoscimento. E’ successo anche con i salmonidi, ma ormai è leggenda metropolitana che il pescatore non riesca a distinguere una fario da una marmorata. Esistono corsi di pesca specifici e regolamenti, con tanto di foto, da tanto tempo ormai.
Altro appunto.
Milo: sostieni che l'ibridazione è un fatto più teorico che pratico. Non sono assolutamente d'accordo. La Lucentini, in un recente Convegno che mi ha visto
tra i relatori a Piacenza nel 2013, ha ribadito che, almeno in allevamento, l'introgressione è fenomeno noto e documentato. Vero, invece, che in natura, pur se
presumibile/plausibile, il fatto non è stato documentato (intendo pubblicato a livello scientifico). Sono invece in sintonia sul fatto che, sin qui (ma non
potrebbe essere altrimenti, per le ragioni di cui sopra), non siano stati adottati particolari provvedimenti gestionali. Ripeto che E. lucius (insisto su questo punto, perchè non vorrei che, per ragioni di parte, lo si utilizzasse come capro espiatorio), non è considerataspecie a rischio, sia nella Dir. Habitat che nella Lista Rossa IUCN 2013 deiVertebrati Autoctoni Italiani, dove la specie è considerata “solo” vulnerabile. Questi i fatti. Vero, altresì, che sarà impresa ardua la scelta delle competenze.
Giusto, ma l'articolo di Bianco e Delmastro con il cisalpinus e' uscito nell'estate del 2011. Me lo ricordo bene perche' ne usci' un bel vespaio. Usci' anche poco prima dell'invio di quello della Lucentini, era giugno se non mi sbaglio.
Non ho dubbi che entrambi abbiano individuato, a modo loro, un'identita' per il luccio italico. O meglio qualche dubbio ce l'ho su alcuni metodi utilizzati, ma l'ho gia' espresso in altra sede. Ma mi va bene tutto.
Come ho gia' detto nemmeno a me interessa una nomenclatura particolare o il rango tassonomico. Proteggerei un'endemismo anche se fosse solo un ecotipo locale.
Per questo propongo sempre di non fare immissioni se non con incubatoi di valle. Perche' non sono non e' giusto mettere giu' materiale ungherese, ma neanche. per dire, mettere lucci del Sile nel Ticino o avere un paio di allevamenti che coprono tutta una regione.
Possiamo comunque dire che dal punto di vista gestionale e scientifico non c'e' stata la stessa rilevanza che e' stata data nel mondo mediatico della pesca? Per ora, almeno..
L'ibridazione e' ovviamente possibile in allevamento (e ci mancherebbe, non sono poi cosi' separati..) ma l'ibridazione in natura e' in larga parte sconosciuta. Semplicemente anche la Lucentini ha catturato (su migliaia di esemplari) soltanto pochi ibridi in natura, e questi ultimi con tutta probabilita' provenienti da un allevamento.
Quindi, al momento, non possiamo dire che l'immissione di lucci europei stia causando introgressione genetica nelle popolazioni di lucci italici (che sarebbe un bel danno irreparabile). Cosi' come possiamo solo speculare sul perche' in natura questo non avvenga (p.es. periodi riproduttivi diversi).
Ripeto, al momento le informazioni che abbiamo su differenze comportamentali, riproduttive, di resistenza all'inquinamento o altro sono del tutto aneddotiche e molto poco sistematiche.
Al momento E.lucius non e' in Habitat (e ci mancherebbe, una specie a distribuzione circumpolare..) e per IUCN internazionale e' Least Concern (cioe' non preoccupante). Ma non e' neanche incluso nella lista rossa italiana IUCN. Li' e' incluso solo E.cisalpinus (sara' che in commissione c'era Bianco?) ma il livello non e' vulnerabile ma piuttosto, come avevi gia' citato in un altro post "mancante di informazioni".
Per il pescatore comunque non si tratta di distinguere una trota fario da una marmorata. Si tratterebbe, per fare un'analogia, di distinguere il grado di introgressione genetica (ad occhio) di ibridi di marmorata oppure il ceppo atlantico o mediterraneo di trote fario.
Siccome vedo regolarmente mediterranee scambiate per atlantiche e viceversa, cosi' come verdoni scambiati per nostrani e viceversa, permettimi di dubitare di come verrebbe applicata nella pratica una norma di trattenimento.
Questo non vuol dire che sono contrario alla rimozione di individui di ceppo non nostrano. Vuol dire che, se e' vero che c'e' un endemismo da tutelare e in contrazione, non possiamo permetterci errori e per fortuna non siamo nella situazione in cui ad ogni generazione perdiamo la genetica originaria.
Allora facciamo ripopolamenti con incubatoi di valle, con riproduttori testati, e in parallelo che le amministrazioni si facciano carico durante il prelievo dei riproduttori ,o i vari campionamenti per le carte ittiche, di rimuovere gli esemplari di fenotipo evidentemente alloctono.