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acque interne colpite per prima!!


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10 risposte a questo topic

#1 Luca Tare

Luca Tare

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Postato 30 January 2009 - 16:42 PM

Secondo l’ultimo dossier dedicato dal WWF alle acque italiane, le specie più a rischio tra i pesci sono quelle d’acqua dolce, veri ‘termometri’ di qualità ambientale. Parte l'allarme “chi l’ha visto” per 10 pesci dei fiumi italiani.


Delle circa 50 specie autoctone di pesci che vivono nei nostri fiumi, laghi e lagune, 3 si sono già estinte e 22 sono, a diverso grado, in pericolo di estinzione. Sono questi i dati allarmanti rivelati nel nuovo dossier WWF “2008. Acque in Italia. L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesci”, presentato alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo. La salvaguardia dei pesci d’acqua dolce rappresenta una sostanziale priorità di conservazione degli ambienti italiani: i pesci non solo sono importanti indicatori di qualità ambientale, ma rappresentano soprattutto gli elementi fondamentali di quella ricchezza di specie, biodiversità, che rischia di ridursi sempre più velocemente.
Dalla ricerca del WWF i nostri pesci d’acqua dolce più a rischio sono: l’Anguilla, una delle specie più importanti per la pesca e per l’acquacoltura, in grado di vivere in una straordinaria varietà di ambienti, dalle acque oceaniche e marine costiere fino ai laghi e corsi d’acqua; il Ghiozzo di ruscello, un endemismo italiano capace di vivere solo in acque limpide e ben ossigenate ancora nei presenti in pochi fiumi dell’Italia centrale, Panzarolo, tipico delle risorgive e endemico della regione padana, il Carpione del Garda, anch’esso presente solo in acque pulitissime, ad alto rischio sia per la pesca eccessiva che per l’inquinamento delle acque del lago, la Trota marmorata, presente in alcuni corsi d’acqua dell’Italia settentrionale, tra le prede più ambite dei pescatori sportivi ma minacciata soprattutto da tutti gli interventi sui corsi d’acqua come la costruzione di argini artificiali, sbancamenti, prelievi di ghiaia, ma anche prelievi eccessivi di ghiaia, variazioni di portata dei fiumi per sfruttamento di energia elettrica, nei periodi di riproduzione. Tra le altre specie che stanno sparendo il WWF segnala anche il Carpione di Fibreno, che vive unicamente in questo piccolo lago dell’Italia centrale, la Trota macrostigma, delle regioni peninsulari tirreniche, Corsica, Sardegna e Sicilia, colpita da numerosi estinzioni ‘locali’, lo Storione cobice, nel bacino del Po e in alcuni fiumi del Veneto, una specie che migra tra gli estuari dei fiumi per poi risalire nel periodo di riproduzione i grandi fiumi, oggetto soprattutto della pesca professionale, la Lampreda di ruscello, tipica delle aree peninsulari tirreniche in forte riduzione per il degrado degli habitat, la Lampreda padana, anch’essa in forte riduzione per l’impoverimento dell’habitat. Delle 50 specie di pesci che vivono nelle nostre acque dolci l’unica fuori pericolo è il Cavedano, un pesce molto resistente agli inquinamenti e capace di nuotare persino in acque cosiddette eutrofiche a causa di scarichi industriali.

Le cause di questa situazione sono riconducibili in gran parte alla gestione inefficiente della rete idrografica superficiale e alle distruzioni degli habitat naturali (canalizzazioni, dighe, traverse, escavazioni in alveo, inquinamento delle acque, introduzione di specie aliene), favorite da una grande confusione normativa, dalla frammentazione di competenze e risorse e dalla tardiva o mancata applicazione di direttive internazionali, in particolare la Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE, e la Direttiva habitat 92/43/CE, per cui l’Italia è stata già più volte richiamata o condannata dall’Unione Europea. La rarefazione della fauna ittica italiana è sintomo della gravità della situazione delle acque interne, un degrado generalizzato della rete idrografica superficiale. La corretta tutela degli ecosistemi acquatici dovrebbe tener conto dei processi ecologici che ne garantiscono la funzionalità, ma dovrebbe tenere in adeguata considerazione anche i valori naturalistici che la stessa Unione Europea ha evidenziato nella Direttiva Habitat.

“I pesci rappresentano senza dubbio una delle componenti biologiche più significative e a rischio degli ecosistemi di acque dolci – sostiene Andrea Agapito Ludovici, Responsabile Acque del WWF Italia – vi sono grandi predatori come il Luccio, piuttosto che piccoli predatori di larve d’insetti e macroinvertebrati come Cobiti e Ghiozzi, ma rivestono anche una notevole importanza per il loro valore commerciale e ricreativo. Pensiamo ad esempio alla pesca sportiva, il cui indotto economico è estremamente significativo: dall’abbigliamento specialistico alle attrezzatura da pesca, dalle strutture alle testate giornalistiche specializzate. Insomma, un mondo ampio ed articolato che gravita intorno alla “risorsa ittica” costituita dai pesci d’acqua dolce.”

Vi è, quindi, un’alta complessità di aspetti, ecologici e naturali, economici e sociali, che è indispensabile considerare per garantire una corretta tutela e gestione dell’ittiofauna.

La priorità per garantire una corretta e sostenibile tutela e gestione degli ecosistemi d’acqua dolce è senza dubbio rappresentata dal rilancio e dalla riorganizzazione del governo pubblico delle risorse idriche a livello di bacino idrografico, inteso come capacità delle istituzioni di gestire e raccogliere le conoscenze, di pianificare, monitorare l’uso della risorsa in modo coordinato, efficace ed efficiente. I soggetti che possono agire in tal senso, come le Autorità di bacino e/o di distretto, devono poter coordinare la pianificazione della risorsa idrica, promuovere e realizzare monitoraggi ambientali per tutela e alla gestione del “loro” territorio, attraverso adeguate risorse economiche legate al ruolo sensibile che ricoprono. Solo grazie ad un adeguato e attivo coinvolgimento delle autorità preposte, sarà possibile salvaguardare la biodiversità della fauna ittica, ed evitare l’estinzione di decine di specie ormai a rischio.

Nel bacino del Po si trovano molte delle specie endemiche in pericolo. l’Anguilla, una delle specie più importanti per la pesca e per l’acquacoltura, in grado di vivere in una straordinaria varietà di ambienti, dalle acque oceaniche e marine costiere fino ai laghi e corsi d’acqua; la Lampreda padana, anch’essa in forte riduzione per l’impoverimento dell’habitat. lo Storione cobice, nel bacino del Po e in alcuni fiumi del Veneto, una specie che migra tra gli estuari dei fiumi per poi risalire nel periodo di riproduzione i grandi fiumi, oggetto soprattutto della pesca professionale, la Trota marmorata, presente in alcuni corsi d’acqua dell’Italia settentrionale, tra le prede più ambite dei pescatori sportivi ma minacciata soprattutto da tutti gli interventi sui corsi d’acqua come la costruzione di argini artificiali, sbancamenti, prelievi di ghiaia, ma anche prelievi eccessivi di ghiaia, variazioni di portata dei fiumi per sfruttamento di energia elettrica, nei periodi di riproduzione. Il Carpione del Garda, vive solo nel Lago di Garda, anch’esso presente solo in acque pulitissime, ad alto rischio sia per la pesca eccessiva che per l’inquinamento delle acque del lago il Panzarolo, tipico delle risorgive e endemico della regione padana.

Delle 50 specie di pesci che vivono nelle nostre acque dolci l’unica fuori pericolo è il Cavedano, un pesce molto resistente agli inquinamenti e capace di nuotare persino in acque cosiddette eutrofiche a causa di scarichi industriali.
TARE1984 25 anni.....la vita e una sola non sprecatela!!!!PESCATE
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#2 malauros®

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    Massimo

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Postato 30 January 2009 - 19:19 PM

quoto in toto, ma è stato dimenticata una specie pregiata e molto rara, il Temolo tant'è che in alcune regioni/province ne è totalmente vietata la pesca, vedi ad esempio Varese :)
Malauros® - 15/10/1947 
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#3 Federico Ielli

Federico Ielli

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Postato 30 January 2009 - 19:46 PM

Rispondo a Malauros: il temolo non è a rischio d'estinzione o, per lo meno, non lo è in quanto Thymallus thymallus. Lo sono invece i ceppi italici, i cosiddetti "pinna blu", ormai scomparsi dal bacino padano. La maggior parte delle popolazioni attualmente presenti nei nostri corsi d'acqua proviene, invece, d'oltralpe (Austria, Slovenia, Ungheria), tramite introduzioni e ripopolamenti. Ecco perchè il temolo non rischia l'estinzione.
Federico Ielli

#4 walter

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Postato 31 January 2009 - 16:41 PM

gobione, tinca, luccio, persico reale... chi li ha visti??? :(



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#5 lothar

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Postato 31 January 2009 - 17:10 PM

gobione, tinca, luccio, persico reale... chi li ha visti??? :(


Io aggiungerei l'alborella il pesce foraggio per eccezione
ANDREA 8/6/1975
amo tantissimo la pesca tanto da praticarla in tutti i modi che posso basta che pesco.
Dove c'è acqua e si pesca io ci sono.
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#6 Federico Ielli

Federico Ielli

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Postato 31 January 2009 - 17:39 PM

Le specie elencate non rischiano proprio l'estinzione, diciamo che sono in forte contrazione in alcuni ambiti, mentre in altri areali sono ancora discretamente rappresentate. E' il caso della tinca e del persico reale. Entrambe le specie sono quasi sparite dal bacino padano (dal Po e dai canali), mentre sono abbastanza ben rappresentate nei grandi laghi prealpini, emissari compresi) e nei laghi del centro Italia. Il persico, in particolare, soffre molto la competizione-predazione di certe specie aliene, come il lucioperca, mentre la tinca viene sistematicamente predata dal siluro. Inutili, a tal riguardo, i tentativi di reintrodurla nel ferrarese e anche nella mia provincia (RE). Il luccio è un caso a parte: i ceppi italici stanno effettivamente sparendo, sostituiti dai ceppi continentali introdotti dal centro-est Europa. L'alborella è sparita dal Po e dai canali, ma è ancora diffusa in alcuni laghi del Nord. A questo punto vi stupireste se vi dicessi che anche il cavedano, considerato specie assai plastica e tollerante, sta contraendosi fin quasi a sparire da certi ambienti. Nel Po emiliano non c'è più da tempo, ma anche nel primo tratto degli affluenti di destra e di sinistra, sostituito dall'aspio. Anche in tutta la vasta fascia dei canali di bonifica emiliani, dove un tempo era diffusissimo, è praticamente scomparso. Le cause: malattie varie e forte predazione da parte degli uccelli ittiofagi. Essendo specie argentea gregaria e pelagica, viene facilmente avvistato da cormorani & company e.........
Federico Ielli

#7 Federico Ielli

Federico Ielli

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Postato 31 January 2009 - 17:43 PM

Dimenticavo il gobione (Gobio gobio), piccola specie bentonica vincolata alle aree di risorgiva e ai corsi d'acqua pedemontani. Il suo habitat tipico sta sparendo (i fontanili) e anche le escavazioni/lavori in alveo ne hanno profondamente ridotto i contingenti nei corsi d'acqua emiliani. Per contro è ancora abbastanza diffuso in Veneto e Friuli.
Federico Ielli

#8 lothar

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Postato 31 January 2009 - 17:52 PM

Federico non posso giudicare i tuoi dati, ma non sono daccordo su quello che hai detto sull'alborella dove nei laghi prealpini (lombardia ovest) o è estinta ( Ceresio Varese Ghirla) o poche (Maggiore Tresa Ticino) forse chi regge ancora bene la presenza anche se ho letto anche li in diminuzione il lago di Como dove ne ho viste ancora

Di certo il genere di alborelle uniche che vivevano nel lago di Varese sono estinte per sempre
ANDREA 8/6/1975
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#9 Federico Ielli

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Postato 31 January 2009 - 18:32 PM

Infatti io ho detto "in alcuni laghi del Nord", non in tutti. Nel Garda, per esempio, l'alborella, pur se in calo, è ancora ben presente. Ma qui ci sarebbe da fare tutto un discorso (complesso) sulla variazione delle termiche lacustri, sull'uso (abuso) dei depuratori e, non ultimo, sui delicati equlibri che regolano il rapporto tra prede e predatori, variabili da lago a lago. Ti garantisco, comunque, che l'alborella non rischia l'estinzione immininente: prova ne sia che alcuni ambienti (fondo valle degli affluenti di destra del Po, laghetti collinari ad uso irriguo, cave e casse d'espansione), dove la comunità ittica è ancora (o quasi) quella di un tempo, l'alborella è ben rappresentata. Ti porto un esempio: il tratto terminale del Torrente Tresinaro, nei pressi della confluenza nel Fiume Secchia a Rubiera (RE), ha ancora una popolazione assai consistente di alborella, verificata in sede di campionamenti per la realizzazione della Carta Ittica. anche il Torrente Enza, il Torrente Crostolo e il Fiume Secchia, nella fascia pedemontana (grosso modo a livello della Via Emilia) hanno popolazioni consistenti di alborella.
Federico Ielli

#10 Luca Tare

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Postato 31 January 2009 - 19:11 PM

le alborelle d"estate ne pesco ancora abbastanza qua nel lago d"iseo e settimana scorsa sono andato a dare un occhiata e ce il porto pieno.....e nelle vicinanze pescano anche dei lucci niente male un mese fa 4 lucci in mezz"ora due 10 kg e due 5kg
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#11 walter

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Postato 02 February 2009 - 01:56 AM

Dimenticavo il gobione (Gobio gobio), piccola specie bentonica vincolata alle aree di risorgiva e ai corsi d'acqua pedemontani. Il suo habitat tipico sta sparendo (i fontanili) e anche le escavazioni/lavori in alveo ne hanno profondamente ridotto i contingenti nei corsi d'acqua emiliani. Per contro è ancora abbastanza diffuso in Veneto e Friuli.


in fascia delle risorgive forse, qua l'unico che ho visto l'ho preso per caso a meta' anni 90 o poco prima... avevo 8 o 10 anni o giu' di li :D

per quanto riguarda la mia zona, dico solo che hanno preso un luccio l'anno scorso dopo 3 anni dalla fine dell'ultimo, di tinche non ce n'e' traccia nel raggio di 15 km, idem persici reali (rarissimi anche prima). pescegatti e persici sole quasi introvabili pure loro. e persino i bass e i siluri sono ormai catture quasi occasionali. i cavedani stanno calando pure loro purtroppo... e persino i carassi!!!

personalmente per quanto riguarda la mia zona credo sia solo colpa dell'inquinamento. cormorani non ce ne sono e gli aironi sono presenza fissa, con gli alloctoni si era formato un equilibrio abbastanza stabile (aumentavano di numero solo dopo le morie). di morie ne abbiamo avute tante, ma riguardavano quasi sempre un corso idrico o un bacino per volta.

nel 2003 c'e' stata una moria enorme, ha colpito tutti i corsi d'acqua della zona. non si e' mai saputo cosa sia successo (i $$$ fanno miracoli purtroppo, e a farne le spese sono i pesci e la gente comune), fatto sta che sono convinto che gli scarichi continuino ancora, anche se in quantita' minore, perche' la popolazione ittica della zona non riesce a riprendersi, e sono passati anni. di solito in 2 settimane dopo la moria tutto tornava piu' o meno a posto... quasi.



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