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Il recupero corretto.


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10 risposte a questo topic

#1 francescovenier

francescovenier

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Postato 05 May 2007 - 18:01 PM

Anche se il termine inglese to spin significa "filare", "far girare", spinning in italiano vuol dire “lanciare” e, appunto, lo spinning è la pesca “a lancio” usando come esche oggetti artificiali.
Sia il tipo di pesca che il nome attribuitole sono divenuti così popolari che nell’immaginario collettivo si è creato un sillogismo: lancio = cattura. Così, però, non è !
Il lancio corretto e mirato è invero importante ma, secondo me, è il recupero giusto l’arma vincente.
A differenza della “pesca a mosca”, nella quale il lancio e la corretta posa della mosca finta sono fondamentali alla produttiva presentazione dell’esca, nello spinning l’esercizio del lancio, benché importante, è solo uno dei componenti dell’azione di pesca, non l’unico fattore ne tantomeno il più importante.
Con questo non voglio dire che il depositare il nostro artificiale in acqua sia cosa sempre semplice e scontata. Ci vuole pratica ed esercizio costante per “centrare” le zone volute, per raggiungere uno slargo tra le alghe a centro stagno, per infilare l’esca in una zona tra le canne sottoriva e così via ma, ciò fatto, si è solo all’inizio dell’azione di pesca … poi viene il bello !
Il recupero appunto, il far lavorare l’esca alla profondità voluta, il farla muovere in modo che divenga realmente adescante, il farle percorrere rotte lineari e a volte sinuose, il farle variare la profondità d’azione nel modo e nei tempi voluti.
Recuperando il nostro artificiale bisogna essere come degli esperti “burattinai”, bisogna che l’esca divenga una “cosa viva”, tutto deve essere fatto in modo da evitare azioni scontate, ripetitive, prevedibili e innaturali.
Quante volte ho visto degli spinnofili che, quasi imbambolati, lanciavano e recuperavano in un attimo, come automi, come se fossero degli operai, “in catena di montaggio”
Pescatori che, botte di fortuna a parte, passavano giornate a “macinare l’acqua” e a logorare il loro mulinello senza alcun profitto.
Ma allora come deve essere eseguito un recupero perché diventi potenzialmente produttivo? Io ho le mie convinzioni e, di seguito le voglio illustrare, specialmente ai principianti, con la speranza di far loro cosa utile.
1) La durata di un recupero:
la durata di un singolo recupero, ovvero il tempo durante il quale l’esca lavorerà in acqua è un fattore dipendente spesso dalla velocità delle acque e dalla morfologia delle rive.
In certe condizioni, quando gli elementi naturali sono decisamente dinamici e condizionanti, al pescatore non resta altro che assecondarli tentando di ricavare il massimo utile nei pochi spazi sia di tempo che di movimento concessigli dalla natura.
Lanciando e recuperando di traverso a un veloce correntone, quindi, è del tutto inutile attardarsi nel recupero tentando di farlo durare a lungo.
In un attimo, al primo rallentamento dell’azione, l’artificiale deriverà a valle e si appoggerà sulla nostra sponda.
In queste condizioni ambientali solo il mio “Double Spinning” vi potrà consentire di gestire gli eventi ma, se sarete soli, il recupero sarà sempre veloce.
In tutte quelle zone di pesca ove le acque sono ferme o quasi, invece, il gioco si fa realmente interessante e ogni pescatore può divenire l’arbitro della situazione.
In questi casi bisogna far di tutto affinché il nostro artificiale se ne stia a “lavorare” in acqua per il maggior tempo possibile, anche vari minuti per ogni singolo recupero.
Tanto aumentano i tempi in cui l’artificiale agisce in acqua e quanto, conseguentemente, diminuisce il numero dei lanci, tanto meglio è !
I tonfi di atterraggio dell’esca, benché “stoppati”, sono sempre elementi di disturbo.
Quando l’artificiale è in volo, peraltro, molto spesso i pesci notano benissimo la lenza fuori d’acqua al seguito e si insospettiscono.
Per lanciare, poi, noi siamo costretti a movimenti decisi e visibili anche in distanza tradendo, così, la nostra presenza.
Se possibile, quindi, meno lanci e recuperi molto lunghi.

2) Le zone migliori:
Ogni ambiente operativo ha delle zone ove il nostro recupero può essere maggiormente efficace a catturare.
Per poter parlare di questo argomento non ci vorrebbe un articolo ma cento e, forse, non basterebbero ancora !
Schematizzando di molto, quindi, e semplificando al massimo il discorso, cominciate a considerare quanto segue.
Ogni predatore in caccia predilige una postazione d’agguato che gli consenta di attaccare le prede senza essere visto.
Quasi tutti i carnivori, poi, non inseguono la vittima di turno limitandosi a “scattare” per tempi e spazi brevissimi.
Considerando, per esempio, una zona d’acqua ove vi siano banchi di alghe sino alla superficie, con corridoi e lagune interne, dove si apposteranno i predatori in caccia ? Quasi mai in mezzo alle alghe ma ai margini delle stesse e preferendo quelle zone verdi ove le alghe formano delle “tettoie” creanti zone d’ombra.
Il punto di forza di ogni predatore, infatti, è il mimetismo e la capacità di restarsene immobile in agguato.
Tutti gli spazi aperti, quindi, se non ci sono branchi di novellame erranti, sono poco fruttosi e, a mio avviso da trascurare , specialmente usando esche floating.
In presenza di canneti e luoghi topici da prendere in esame per primi sono gli spazi d’acqua, anche se piccoli, tra i canneti, tutte le rientranze del margine esterno e, in particolar modo, tutte le “punte”.
Quando i canneti si estendono irregolarmente verso il largo formando delle penisole, anche molto strette, anche formate di filari di poche canne, si creano zone d’ombra ove i predatori amano celarsi in caccia. Ciò avviene, come dicevo, per una questione di mimetismo ma non solo.
Un luccio in agguato, per esempio, necessita di avere alle spalle e di fianco dei ripari vegetali o minerali tra i quali celarsi ma sul davanti lo spazio deve essere libero.
Il nostro deve poter “scattare” come un lampo senza trovarsi davanti nulla che gli rallenti il movimento.
I margini, dunque, si prestano allo scopo perfettamente e molto raramente le zone ove l’azione del nuoto sia resa difficoltosa dalla morfologia delle acque.
Un altro fattore da considerare con molta attenzione è la profondità operativa.
Accennando per un momento a questa variabile mi sembra di dire cose scontate ma, come ho notato spesso, così non è!
Quando i nostri predatori cacciano sul fondo il nostro artificiale deve lavorare a pochissima distanza dallo stesso.
Logico no ! Sembrerebbe di si! Quante volte però ho notato spinnofili usare pesanti artificiali affondanti senza la consapevolezza della effettiva profondità delle acque e, inoltre, recuperandoli in modo tale da impedirne il giusto e produttivo affondamento.
Se, come spesso accade, in un lago i lucci vanno a caccia a quindici-venti metri di profondità, bisogna fare di tutto perché la nostra esca lavori a quel livello e non ad altre altezze fuori dalla loro portata.


3) Il movimento dell’esca artificiale:
Il movimento di ogni artificiale, le conseguenti vibrazioni prodotte, la somiglianza comportamentale con il pesce vivo (magari ferito ed in difficoltà) è cosa fondamentale per sperare di indurre un cacciatore all’attacco.
Anche in questo caso ci sarebbe da scrivere un trattato ma, schematizzando, ci sono delle regole basilari da seguire.
Bisogna innanzitutto evitare tutti i movimenti schematici e regolari
Poiché appaiono subito innaturali e, quindi, spesso vengono ignorati.
Ogni artificiale recuperato, nell’ambito delle varie tipologie (minnow, vermoni, esche metalliche, ecc.) deve muoversi in modo irregolare. Sono importantissime le repentine accelerazioni di moto come le improvvise (anche lunghe) soste.
Gli scarti laterali, possibilmente irregolari e di diversa ampiezza come i saliscendi scomposti fanno sì che l’esca divenga subito visibile e che richiami l’attenzione.
Persino lunghe soste di assoluta immobilità, magari interrotte raramente da brevi momenti di leggera vibrazione, sono spesso utili e produttive.
C’è solo da sbizzarrirsi ad inventare ed a provocare le azioni più diverse ma a patto di non
Renderle ripetitive e meccaniche.
Ogni nostro artificiale, una volta immerso in acqua, anche un semplice cucchiaino, deve apparire come una cosa viva e autonoma.
Noi, come dicevo, siamo i “burattinai” ma lui non deve sembrare un “burattino”!
Ora basta! Vi ho annoiato ? Spero di no !
Tante cose possono apparire ovvie ma, nello stesso tempo, anche le cose più ovvie molto spesso vengono trascurate se non del tutto ignorate.
Caramente Francesco Venier

#2 Giordaloco

Giordaloco

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Postato 05 May 2007 - 19:30 PM

[quote]I tonfi di atterraggio dell’esca, benché “stoppati”, sono sempre elementi di disturbo.
Quando l’artificiale è in volo, peraltro, molto spesso i pesci notano benissimo la lenza fuori d’acqua al seguito e si insospettiscono. [/quote]

Non sono convinto della verità di tali asserzioni, non solo , ma per certi tipi di pesci il tonfo è fattore attirante puntando sulla curiosità , vedi il bass.

“Double Spinning”

Non lo vedo come un tipo di pesca sportiva , sembra più voler prendere il pesce ad ogni costo.

Giordano[/quote]
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#3 Guest__*

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Postato 05 May 2007 - 20:15 PM

Argomento delicato e stimolante avete preso.
Sono daccordo con Giordano che non per tutti i pesci il tonfo possa essere disturbo, mi è capitato di allamare un luccio dopo aver lanciato 30 grammi di ondulante con relativo tonfo dopo pochi istanti.
Il recupero è l'arma del pescatore da spinning, difficile è descriverlo, difficile è farlo.
Credo che ogni pesce ed ogni artificiale abbiano un appropriato recupero: veloce, lento, a strappi, a colpetti, accellerate, frenate... wow.. meglio farli che descriverli...

#4 francescovenier

francescovenier

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Postato 05 May 2007 - 23:33 PM

Premetto, cari amici, che quando affermo una cosa è unicamente una mia personale convinzione, basata sulle mie esperienze particolari. E' vero, a volte un tonfo pronunciato, con determinati individui, può essere produttivo. A volte mi è successo persino che un luccio sia andato a raccogliere un ondulante da 40 grammi, perfettamente fermo e adagiato sul fondo, in mezzo alle erbe. Ho catturato lucci, inoltre, attirati dal boccone di polenta gialla destinata alle tinche, mentre lo stavo lentamente depositando sul fondale. La pesca è così, a volte del tutto imprevedibile.
Quasi sempre, però, specialmente in presenza di predatori in branco, in particolare con i cavedani, i bass e le trote, un tonfo eccessivo mi ha creato dei problemi.Il fatto è che c'è tonfo e tonfo. Se un artificiale cade in acqua provocando un rumore "plausibile", simile a quelli provocati da rane, pesci, ecc. va anche bene ma, come può accadere con esche molto pesanti, quando il tonfo è eccessivamente innaturale è un'altra cosa. Diversissimo e estremamente attirante, infine, è, a mio avviso, il tonfo di caduta provocato da un'esca relativamente leggera che, dopo essersi depositata su una canna o su un ramo, venga fatta cadere in verticale in acqua alla base dell'arbusto. In questi casi il tonfo non rischia di essere mai eccessivo per tre motivi: in primo luogo l'esca è leggera, poi l'inerzia di moto è limitata poichè la caduta è breve, infine la lenza, libera ma rallentata dalle canne, contribuisce a rallentare la caduta dell'esca. In ogni caso, per non sbagliare, in presenza, ad esempio, di un bass a galla, io prima faccio un lancio stoppato di lato e alle sue spalle, facendogli poi passare l'esca, proveniente da dietro, di sorpresa vicino al muso. Se non funziona, quindi, gli lancio l'esca a fare rumore e spruzzi davanti al muso. Se anche così non funziona comincio a parlargli, cercando di convincerlo a parole!!! Fortuna che i critici d'arte non mi vedono, se no sai che recensioni!!! Scherzi a parte, cari amici, io penso che ogni esca usata faccia storia a se e che le esperienze personali di tutti voi siano utilissime alla discussione. Vi invito, pertanto, a raccontarle.
Caramente Francesco Venier

#5 Guest__*

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Postato 06 May 2007 - 10:31 AM

Non posso parlare riguardo lo spinning in acqua dolce poichè, seppur praticandolo, sono appena un neofita.

Posso dirvi, però, che il tonfo e la massa d'acqua spostata da un artificiale nel momento della caduta, nello spinning in mare, per predatori quali il serra è fondamentale, in special modo nella ricerca degli esemplari di taglia maggiore. Di contro, cercando la spigola, è ininfluente ed allo stesso tempo non comporta un fattore disturbatorio per il predatore.

E' mia opionione che bisogna discernere e mai dare una definizione globale alla ricerca di quello che può definirsi globalmente giusto in una o nell'altra tecnica di pesca, sempre e comunque. Ogni sessione, di fatti, deve svolgersi in funzione di quelle che sono le attitudini delle prede, la morfologia dello spot e le condizioni climatiche. Nonchè, dell'abitudine del pescatore.

Ovviamente, IMHO e senza rancori :prost:

#6 francescovenier

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Postato 06 May 2007 - 11:01 AM

Cari amici (caro amico),
solo un attimo in OT.
Ho notato che quando esprimete dei pareri in contrasto con i miei vi fate, quasi, un riguardo nel farlo. Non è il caso! Anche se ho la tendenza a scrivere da "vecchio professore" le mie idee sono solo mie convinzioni, magari del tutto errate. L'importante è che il dialogo sia sempre corretto, argomentato e propositivo. Non fatemi più "vecchio" di quello che sono!!!
Caramente Francesco Venier
p.s. di mare non ne so molto, faccio quasi sempre solo traina. La seconda parte del tuo intervento mi è piaciuta poiché, anche io, sono convinto che le variabili influiscano molto e che un pescatore debba essere duttile.

Voglio entrare un attimo nel particolare e parlare di un'esca che adoro, il chugger (il tappo) della heddon. Quando cade in acqua, questa esca, vista la sua forma aerodinamica, si infila nel liquido andando in profondità. Nel riemergere provoca una scia di bollicine, degli spruzzi e un tonfo "di ritorno" che, per me, è veramente adescante. Recuperata, a canna spesso alta e a scatti, vista la forma concava del muso, provoca ogni volta dei tonfi udibili anche a grande distanza oltre a molti spruzzi. In questo specifico caso, a mio avviso, il rumore (molto simile a quello provocato da una rana che salta) attira i bass, anche se distanti. Spesso i bass, poi, la attaccano nei momenti di pausa, quando l'esca è ferma a vibrare. Evidentemente, secondo me, la scambiano proprio per una rana.

#7 Guest__*

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Postato 06 May 2007 - 11:39 AM

Nessun riguardo, semplicemente cordialità e rispetto che, nel mio piccolo, porto a tutti, sempre e comunque, di qualsiasi età.

Riguardo all'artificiale da te citato, posso farti un parallelo con un popper della tubertini, studiato per i predatori di superficie di mare.

Frontalmente, smussato negativamente verso il basso, ha un'incanalatura che, in movimento, provoca una scia d'acqua verso il fondale che stimola indiscutibilmente l'attività predatoria. Paga, non c'è che dire!

#8 francescovenier

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Postato 06 May 2007 - 18:52 PM

In che località vai a pescare in mare?

Francesco Venier

#9 Guest__*

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Postato 06 May 2007 - 22:25 PM

Sul litorale Romano, generalmente.

#10 lolloxy7

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Postato 07 May 2007 - 11:31 AM

scusate se scendo in ot... ma cos'è il double spinning, di cui vi ho sentito parlare?
Lorenzo Crociani

#11 francescovenier

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Postato 07 May 2007 - 13:41 PM

Caro Lorenzo,
vai nel mio sito, in I MIEI ARTICOLI.
Negli articoli del 2001, il mese di luglio parla di questo.
E' un modo di pescare che ho ideato per tentare di risolvere alcuni problemi. E' un sistema complesso e difficile, si fanno di quei casini che non ti dico, a volte si prende e altre meno, però il divertimento è assicurato.

Ciao Francesco Venier


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