Primo di aprile, giornata dedicata alle burle. Riesco, finalmente, a ritagliarmi qualche ora di ferie per andarmi a fare una pescata. Dopo 3 mesi dedicati alla burocrazia (il 31 marzo scadeva il termine per una serie di adempimenti professionali e, per rispettarlo, ho lavorato spesso anche di sera e nei festivi) non mi sembra vero poter togliere la polvere alle canne da pesca. Mezzo chilo di bigattini preso il giorno prima, bolognese da 5 metri preparata per stanare qualche cavedano o quel che capita, va bene tutto pur di togliere il cappotto e ansia crescente fin dal mattino. Lavoro solo mezza giornata. Purtroppo il clima non è dei migliori: sole sfavillante ma anche un vento teso, forte, fresco e molto fastidioso. Avevo deciso di sondare un tratto di Tartaro adiacente il paese, così da unire alla pescata anche una bella camminata, invece, proprio a causa del vento, decido di muovermi in auto e raggiungo un tratto di fiume più a monte dove, però, riesco a parcheggiare a lato della sterrata, sulla riva, in modo che l'auto mi protegga dal vento. A bolognese non c'è verso: troppo vento. Mi siedo quindi vicino alla portiera e pesco a ledgering. Il fiume si presenta bene, mancano un paio di spanne al livello normale, l'acqua è appena velata e corre parecchio in centro, io mi sistemo proprio all'inizio di un piccolo rientro dove la corrente si smorza nel sottoriva. La profondità è di circa un metro un mezzo.
Il vento è davvero forte e, benché io sia protetto (indossando peraltro una berretta e un piumino senza maniche), la punta della canna è costantemente mossa dalle folate d'aria e la superficie increspata. Mi aspetto un cappotto. La prima mezzora nessuna abboccata. Cambio il finale e metto un nylon più fine, uno 0,16. Non so se perché nel frattempo i pasturatori svuotati hanno attirato il pesce o perché effettivamente, il finale precedente (uno 0,20) era troppo grosso, ma vedo qualche abboccata e acchiappo 3-4 cavedanelli di taglia modesta, attorno ai 20-22 cm. Cappotto tolto ma spero in qualcosa di più corposo.
Arriva un'abboccata potentissima che drizza il calcio della canna e la fa saltare sul reggicanna. Il pesce si ferra da solo ed è grosso. Lavoro di frizione ma dopo pochi secondi si spezza il finale. Non so cos'era, ma considerando che il tratto è ben popolato di carpe, è probabile che fosse una bella regina. Amen.
Non ho molta voglia di rifare la montatura e mi sembra che il vento sia un po' calato. Riprovo a bolognese aumentando la piombatura e pescando fermo in trattenuta, con la punta della canna costantemente frustata dal vento. Prendo altri 2 cavedanelli della solita taglia, un paio di mini-persici e poi mi entra sotto uno sciame di alborelle.
Praticamente, tra vento e pesciolini, decido di tornare al ledgering. Arrivano altri cavedanelli, uno addirittura discreto, sul mezzo chilo, che mi fa sporcare il guadino, però sbaglio anche parecchie mangiate, probabilmente la minutaglia non si spaventa davanti ad un mazzetto di larve.
Alle 18,30 il vento cala pur mantenendosi fastidioso. Mi accingo ad andare a casa, anche perché il mezzo chilo di bigattini sta per finire, giusto il tempo di caricare per l'ultima volta il pasturatore. Sento, lo giuro, che quell'ultima calata mi regalerà una cattura importante.
Arriva un'abboccata decisa e ferro. Mi rendo conto subito che il pesce è della solita taglia, ovvero niente di eclatante, ma quando arriva in superficie vedo che non è un cavedanello. Mi sembra piuttosto un piccolo barbo e solo quando ce l'ho davanti lo stupore raggiunge vertici altissimi:
Cosa ci fa un temolo nel fiume Tartaro, a 15 km scarsi in linea d'aria con il Po, a 18 metri sul livello del mare, nel bel mezzo della campagna padana?
Nel Tartaro ci sono praticamente nato, e non solo come pescatore. Ci immergo le lenze da 35 anni e nei dintorni di Nogara ne conosco ogni angolo. Ci ho pescato di tutto, compresa qualche iridea arrivata chissà come, ma un temolo è qualcosa di eccezionale. E' arrivato sicuramente da monte, o dal primo tratto di fiume, quello di risorgiva, oppure dal canale che, in caso di bisogno, scarica acqua dell'Adige nei fiumi che solcano la pianura, tra cui appunto il Tartaro. In entrambi i casi, per entrare in territorio nogarese, ha fatto un bel viaggio, almeno 20 km passando attraverso chiuse e salti anche importanti. Dicono che i temoli vanno in gruppo e se avessi ancora bigattini proverei a vedere se è vero, se in gita nella bassa sono venuti in parecchi o se questo, in qualche modo, si è perso. Sarebbe solo curiosità ovviamente e anche se si trattasse di temoli di taglia maggiore li rimetterei in acqua con tutte le cure del caso.
Peccato non possa parlare e spiegarmi come e perché è arrivato fin quaggiù.
Forse è un giovane burlone che ha voluto farmi uno scherzo per il primo di aprile e deve aver goduto assai nel vedere la mia faccia stupita.
Sul fronte catture, quantomeno in termini di taglia, non è stata una giornata di quelle da incorniciare, ma ho desiderato tantissimo queste ore di relax e riposo mentale, talmente tanto che alla fine, ieri sera, ero davvero felice. E il temoletto ha impreziosito oltremodo la giornata aprendo una serie di domande che, probabilmente, rimarranno senza risposta.