Finalmente è arrivato il fatidico giorno e lo ammetto, sono emozionato come un adolescente con il papillon al suo primo appuntamento. Saranno passati 15-16-17 anni dall'ultima volta, manco mi ricordo, ma sono comunque tanti. Ho trascorso gli ultimi due mesi a reperire l'attrezzatura necessaria e a farmi una cultura teorico-pratica di base, utile a permettermi di riprendere in mano la mia vecchia passione. Quando poi ho deciso di prendere in mano anche la mia vecchia attrezzatura, mi sono reso conto che un rinnovo era necessario. Mio padre, che mi ha “messo la canna in mano”, vuole venire con me e quindi a lui il “fucile” da fondo (un reperto storico datato anni '80, in tubi di alluminio...rischio blitz della soprintendenza altissimo !!! ) e a me la bolognese semi-parabolica di 6 metri, acquistata di seconda mano, che per non far deprimere ho nobilitato con uno Shimano Exage 1000, caricato con nylon 0,16. La mia strategia di guerra è la seguente: waggler da 5gr totali, tarato al 75%, con 2 gr di peso proprio e 1,75gr di spallinata. Le previsioni davano probabile vento e quindi ho voluto strafare con una spallinata a scalare in peso, ma a pallini equidistanti, per un totale di più di un metro. Terminale in fluorocarbon 0,12 di c.ca 50 cm. Amo 14 a curva larga, tipologia “dannato sparide...vieni qua ! Pastura bianca cefalo + olio di sarda per adescare i mostri e dei sani bigattini serviti su un piatto d'argento erano il mio malefico piano “intortatore”, ma poi ha iniziato a minacciare temporale e quindi ho pasturato direttamente con bigattini per non aprire la sfarinazza inutilmente.
Apro la canna e le mani mi tremano, misuro il fondo, inizio a pasturare e calo il cannone in acqua. Sono le 15:30 e questa è Sparta !!!! Pasturo. Ri-pasturo. Attendo. Sbadiglio. Pasturo. Sbadiglio mentre pasturo e rischio di mangiarmi i bigattini che i pesci a quanto pare non vogliono. Non mi perdo d'animo. Pasturo. Mentre i bigattini innescati godono ancora di ottima salute, io mi sto per fare un quarto d'ora di sonno, ma nel silenzio dell'attesa, proprio quando del nemico non sembrava esserci traccia, il galleggiante affonda inesorabile e all'improvviso. Afferro l'arma e mi preparo alla battaglia. Ferro con forza e mi arriva in mano un ghiozzo di tre centimetri spaventatissimo. Lo ributto a mare mandandolo a fancheccosaciseivenutoafarelaprossimavoltavieniaccompagnatodamammaepapà. Pasturo. Il nemico si nasconde, il vento pure e io pasturo con la determinazione di Attila. La calma dovrebbe arrivare prima della tempesta, ma il galleggiante ad un certo punto mi si lamenta che l'ho portato solo a prendere umidità; io gli rispondo che un inglese che si lamenta dell'umidità è come un cinese che dice “ma che è sta mmerda de involtino primavera, io vojo la trippa”, ma poi ho pietà di lui e quindi decido di spostarmi. Nel frattempo, mentre raggiungo la trincea adiacente, abbocca un ciclista che si è impigliato nella mia lenza, ma poco importa, non ha le pinne e quindi non lo posso mangiare. Ricalo. Pasturo. Un'ora passa nel buio totale e io inizio ad avere paura. Proprio in quel momento di depressione sento giungere due allegri personaggi, padre e figlio di 8 anni, che in quel
pomeriggio oramai soleggiato hanno deciso di fare una pescatella familiare, manco a farlo apposta anche loro con Bolognese e canna da fondo. Si dirigono alla punta del molo e nel chiedermi come sta andando, il pargolo mi critica anche l'amo troppo grosso. La beffa. Voglio dargli una lezione e pasturo con ferocia predatoria. Passa ancora un'ora e non so più che mi devo inventare, mentre il giovane inizia a tirare su dei pesci. Alla fine decido di spostarmi anche io alla punta del molo, per carpire il suo segreto, ma dall'altro lato, per dargli le spalle con disprezzo e non farmi scoprire. Misuro il fondo, pasturo senza ritegno e l'arguzia della mia trovata non fa attendere le dovute soddisfazioni. Il galleggiante impazzisce e io pure. Ferro. Sento tutto il peso della battaglia in punta di canna, peccato che si tratta del cugino del ghiozzo di prima. Lo mando a quel paese e mi incacchio.
Ormai è quasi arrivata l'ora di andare, è il tramonto e mio padre ha tirato su solo una bavosa schifosa; la vergogna è troppa, per noi che ai tempi abbiamo fatto più di una prodezza. Intanto il pargolo alla mia destra salpa una perchia di tutto rispetto e io fra le lacrime mi levo il cappello, decretando la sua vittoria. Però ho ancora qualche bigattino e quindi mi voglio giocare gli ultimi due lanci dallo stesso lato del ragazzino. Raccolgo i pochi grammi di dignità rimasta e inizio a pescare a 2-3 metri da lui. Pasturo e faccio macumbe...niente. Ripeto le macumbe in altre lingue. Niente. Le gambe non mi reggono più e puzzo di vermi all'inverosimile, però ho ancora dei bigattini e tento un ultimo lancio disperato. Il pargolo tira su un sarago. Pasturo e mi deprimo, quando all'improvviso, negli ultimi istanti, il mio galleggiante scende sotto sul serio. Ferro e capisco che qualcuno ha abboccato. Faccio la prova ghiozzo-pisellino, ma non è. Devo allentare la frizione, altrimenti rischio di rompere. Recupero lentamente. Il ragazzino mi guarda e all'improvviso si getta ai miei piedi con il suo guadino per aiutarmi a salpare un'ombra
intravista. Lo fa con maestria e io, tenendo in mano un'orata da circa 200 gr, inizio ad amarlo.